La natura, antica madre, dispensa la vita. Insieme la violenza (´il falco alto levato´) e il dolore in qualunque stato che sia, ´entro covile o cuna. La madre, archetipo ambiguo e misterioso, procrea e educa alla sopravvivenza. Si arroga il ruolo di avviare le generazioni al cambiamento. O al progresso, come vuole chi rimuove gli aspetti tragici dell´esistenza. Pensiero, religione, poesia riscontrano i guasti dell´affettività e consolano dell´esser nati. I critici letterari scoprono finalmente che la narrativa recente, quella osannata fino a ieri, è in crisi: l´impegno nel raccontare la realtà è inadeguato, non rilevano le ragioni del disagio In Antica madre si tenta invece di approfondire il rapporto con l´esserci, nel mondo. Una figlia, assetata di affetto, interpella la madre. Un atto di accusa perentorio e senza soste. Un flusso narrativo ininterrotto invade le pagine e mette a confronto vissuti e punti vista. La sintassi narrativa asseconda un dettato lirico dis
Grazia Maria Poddighe
Grazia Maria Poddighe ha esordito con varie raccolte di poesie. Tra le più significative, Il manoscritto (Ellemme, Roma 1986), L´atto della parola (Giardini Pisa 1987), Tu, Dio (Forum Quinta Generazione, Foggia 1988), La miniera (Edes, Sassari 1995), L´inquieta innocenza (Amadeus, Treviso 1998), Terra di nessuno (Book editore, Bologna 2004). La Sardegna del suo immaginario poetico è spazio ancestrale di situazione archetipiche, implacabile condizione della coscienza di cui rappresenta al tempo stesso l´affermazione e l´ombra, terra di nessuno come la poesia da cui emergono umane e suggestive sembianze.
Dopo i racconti compresi nel volume La miniera, ha proposto nel romanzo Il paese dell´uva (Edes, Sassari 2000) la crisi di una comunità che si sfalda e nell´Ultimo inverno di Adelasia (Delfino Editore, Sassari 2002), un personaggio della storia sarda, la moglie di Enzo Re di Sardegna, che diviene metafora della condizione umana e al tempo stesso di quella femminile, partecipe di una lacerazione che è storica perché quotidiana, dramma del doversi districare e orientare sotto l´incalzare di eventi che non dipendono dalla nostra volontà. Incombe sul personaggio l´angoscia della scelta tra un´esistenza anonima ma emotivamente gratificante e l´esigenza di dare all´esistenza un significato che giustifichi la rinunzia alla realizzazione individuale. Il suo modo di narrare, come e più che nei precedenti romanzi, è scorciato e spesso ellittico, ma concentrato e denso,e rifugge dal patto col lettore della narrativa odierna.
Ha collaborato a riviste letterarie, a quotidiani e settimanali a carattere nazionale, a varie rubriche radiofoniche.
Il suo pensiero sulla parola poetica è condensato nei saggi letterari che affrontano temi di riflessione antropologica, religiosa e filosofica: Grazia Deledda (Pagine, Roma 1992), Sull´abisso del nulla (Bulzoni, Roma 1997), Oscura come l´ombra (ivi 1999).